La guerra delle parole

S. S. Karmapa Thaye Dorje

S. S. Karmapa Thaye Dorje

La cosiddetta “guerra delle parole” che coinvolge la Corea del Nord, la Corea del Sud e gli Stati Uniti solleva una domanda importante per il nostro tempo: come definiamo la violenza?

Molte persone hanno messo in risalto la minaccia di un conflitto violento, ma io credo sia già in atto. Nel buddhismo la violenza è intesa non solo come azione fisica ma anche in termini di pensieri e parole. Possiamo vedere che, nel corso della storia, raramente un conflitto fisico ha luogo senza essere preceduto da pensieri e parole violente. I nostri pensieri manifestano le nostre parole. Le nostre parole manifestano le nostre azioni.
Come dice il buddha Shakyamuni, il fondatore del buddhismo, “Le parole hanno il potere di distruggere così come di guarire. Quando le parole sono sincere e gentili, possono cambiare il nostro mondo”.

Di fronte ad un conflitto così grande, come possiamo manifestare un mondo che guarisce anziché un mondo che distrugge?

Per molti versi i conflitti sono inevitabili perché viviamo in un mondo in costante cambiamento; sono parte della nostra vita. Il modo in cui li approcciamo, e se vi rispondiamo in modo violento o non violento, è importante. Da una prospettiva buddhista, l’ignoranza è ritenuta la causa originale del conflitto. Riuscite a pensare a un conflitto che non sia sgorgato in qualche modo dall’incomprensione o da una mancanza di apertura? Si tratti di un conflitto piccolo o grande, la causa non è un mistero bensì un insieme di piccole incomprensioni accumulatesi nel tempo.

Se i conflitti e le incomprensioni non vengono affrontati, le emozioni disturbanti come rabbia, odio e attaccamento portano alla confusione. E la confusione dove porta? Alle guerre di parole, al conflitto fisico.
La soluzione ai conflitti, siano in Corea del Nord o nelle nostre menti, sta nella comprensione. Ci sono stati molti rapporti e suggerimenti circa l’importanza del dialogo tra la Corea del Nord, la Corea del Sud e gli Stati Uniti, ma è stata prestata poca attenzione a ciò cui il dialogo serve realmente – a costruire la comprensione. Non c’è bisogno di soluzioni complicate o di idee macchinose. Talvolta, frasi enigmatiche o perfino violente possono essere espresse sotoo forma di offensiva diplomatica. All’inverso, possiamo applicare una logica semplice e intraprendere uno sforzo sincero per capirci l’un l’altro.

Io credo che questa comprensione sia una qualità inerente. Dentro tutti noi c’è un lago sconfinato, una ricchezza interiore, cui possiamo attingere per aiutare a calmare la mente. Questa ricchezza interiore è vasta, con tutta la comprensione di cui si possa mai aver bisogno. Ci sono molti modi in cui possiamo accedere o rivelare questa ricchezza interiore: attraverso la meditazione, la contemplazione o semplicemente cercando di respirare e calmare la mente.

Quando lo facciamo, compiamo un passo importante lungo un sentiero non violento. Come disse una volta il grande leader induista Gandhi Ji

“Non potremo essere mai abbastanza forti per essere completamente non violenti nei pensieri, parole e azioni. Ma dobbiamo mantenere la non violenza come nostro obiettivo e progredire grandemente verso essa”.

Qualcuno potrebbe dire che è più facile dirlo che farlo. Ma quando ci rendiamo conto di come siano strettamente correlati il pensiero, la parola e l’azione, è meglio esprimere una parola di pace anziché non dire niente.

Sua Santità il Karmapa Thaye Dorje, ventinove anni, fu riconosciuto come il XVII Karmapa dal XIV Shamarpa, secondo la tradizione del lignaggio Karma Kagyu. Il lignaggio Karma Kagyu è uno dei quattro filoni del buddhismo tibetano, e precede di oltre duecento anni quello di Sua Santintà il Dalai Lama. Sua Santità il Karmapa Thaye Dorje è nato in Tibet nel 1983. Nel marzo del 1994, lui e la sua famiglia fuggirono dal Tibet verso l’India. Nello stesso mese giunse a Nuova Delhi dove, durante una cerimonia di benvenuto, Shamar Rinpoche lo riconobbe formalmente come il XVII Karmapa. Nel novembre del 1996 divenne monaco, ricevendo i voti del rifugio con una grande cerimonia al Tempio di Bodhgaya. Gli fu quindi dato il nome Trinley (che significa attività di buddha) Thaye (illimitata) Dorje (immutabile). I suoi interessi comprendono il disegno, le passeggiate, Beethoven, Mozart, Il Signore degli Anelli, Guerre Stellari, Lawrence d’Arabia e i libri di Dharma – i libri sul buddhismo.

[Traduzione dell'articolo "Wars of Words Are Violent, Too", comparso nella rivista huffingtonpost.co.uk, 7 maggio 2013]


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