Natura di Buddha, naturalmente…

Il Buddha ha insegnato che tutti gli esseri possiedono il potenziale per ottenere l’illuminazione: per avere esperienza diretta dell’autentica natura della mente. Questa natura è chiamata in sanscrito Tathagatagarbha, oppure Dharmakaya, o più semplicemente natura di buddha: ciò che è non-nato ed esula ogni tipo di classificazione. Tutti gli esseri senzienti, senza eccezioni, hanno la natura di buddha, la purezza e la perfezione intrinseca della mente, indipendente dai mutevoli stati mentali.

Il Mahayana Uttaratantra Shastra è uno dei cinque trattati che si dice furono dettati ad Asanga, in uno stato di profonda meditazione, dal bodhisattva Maitreya: presenta gli insegnamenti definitivi del Buddha riguardo le basi dell’illuminazione e chiarifica la natura e le qualità della buddhità.

Questo testo descrive con grande chiarezza la visione alla base della Via di Diamante (Vajrayana) e, soprattutto, della pratica del Grande Sigillo. Perciò costituisce un ponte fra i livelli sutrici e tantrici degli insegnamenti del Buddha, elaborati qui ulteriormente nell’esteso commentario di Jamgön Kongtrül.

Viviamo nel ventunesimo secolo in un mondo che è dominato da un numero straordinario di distrazioni e di modi diversi per usare il nostro tempo e le nostre preziose risorse. Le economie nazionali sono strettamente interconnesse; tecnologie sofisticate proliferano mentre delicati equilibri politici e questioni ambientali minacciano la sopravvivenza della vita stessa sul pianeta. Nel mezzo di questo mondo moderno è difficile immaginare come possiamo esercitare lo sforzo cosciente necessario per scoprire qualcosa sulla nostra autentica natura. Che cos’è esattamente che sottende le nostre esperienze e questo mondo in cui viviamo?

Che grande fortuna abbiamo nel poter avere accesso agli insegnamenti che delucidano questo soggetto. L’Uttaratantra Shastra è un insegnamento sulla natura stessa dello spazio aperto illimitato e delle cose che appaiono al suo interno. Il modo in cui questi insegnamenti si applicano alla nostra situazione non è astratto perché va direttamente al nocciolo del come percepiamo e comprendiamo la mente stessa; ed è quindi estremamente utile per poter comprendere noi stessi e il mondo in cui viviamo.

Il grande maestro tibetano Jamgön Kongtrül Lodrö Thayé, vissuto nel diciannovesimo secolo (1813-1899), scrisse un brillante commentario che è tradotto in questo libro, per la prima volta in Occidente, e che continuerà ad essere utile e rilevante soprattutto per gli studenti del buddhismo Vajrayana (Via di Diamante).

La nuova traduzione (in inglese) publicata recentemente da Snow Lion richiede uno sforzo non indifferente da parte del lettore — ma ne vale la pena. Dico sforzo perché questo non è certo un libro di rapida lettura con concetti facilmente comprensibili e idee ammorbidite per un consumo di massa; al contrario: identificare, definire, e specificare che cosa è o non è, si dimostra essere un compito enormemente delicato. Non c’è alcun dubbio che il tempo richiesto dallo studio di questo testo contribuirà alla produzione di una comprensione raffinata della visione buddhista, soprattutto per i praticanti della Via di Diamante, perché gli insegnamenti conferiti qui sono il nocciolo fondamentale del Vajrayana. Nessun praticante serio dovrebbe permettersi di ignorare questo testo.

La storia buddhista contiene effettivamente due trasmissioni, o approcci, agli insegnamenti sulla natura di buddha: la scuola chiamata Rangtong Madhyamaka — trasmissione delle parole — e quella chiamata Shäntong Madyamaka — trasmissione del significato. Nella visione Rangtong la natura di tutti i fenomeni va compresa come non realmente esistente, inaccessibile a ogni concettualizzazione e quindi vuota. L’approccio Shäntong (essenzialmente, il Grande Sigillo) vede la vacuità non come un buco nero o un nulla, ma come una caratteristica della natura di buddha: conseguentemente “le cose come sono” e “la verità assoluta” sono sinonimi che coincidono con la vacuità.

In questa visione, esplorata metodicamente nell’intero testo, la mente esiste veramente attraverso l’unità inseparabile di spazio e consapevolezza. Questa è la visione del Grande Sigillo che emerge attraverso il commentario profondamente attento e straordinariamente meticoloso di Jamgön Kongtrül.

Sebbene il testo radice di Asanga/Maitreya sia molto leggibile, è questo commentario che veramente lo rende di una chiarezza cristallina. Durante la lettura diventa ovvio che attraverso la profonda comprensione di un tale maestro realizzato possiamo accedere anche noi all’autentico significato.

A volte durante la lettura mi sono scoperto a meditare su certi aspetti del testo, ma più spesso lottavo per capire e assimilare le informazioni fornite. Il commentario è ben strutturato e specifico anche se ci sono parecchi punti particolarmente sottili che non vengono elucidati completamente, ma le abbondanti annotazioni completano abilmente il lavoro.

Ho trovato questo libro molto utile anche se a volte lo stile tradizionale tibetano con liste numerate di gruppi e sottogruppi può essere tedioso. Il materiale presentato è molto interessante ma può apparire un po’ arido inizialmente. Comunque mi pare che facendo lo sforzo di leggerlo quotidianamente, anche solo per piccoli incrementi di una pagina o due, mi ha permesso di approfondire la comprensione di questi difficili argomenti.  Vorrei consigliare un’approccio sostenuto alla lettura, in maniera simile a quello per la pratica personale, perché può essere difficile ritrovare il filo dopo una pausa di due o più giorni: è uno sforzo ampiamente compensato dai benefici risultanti.

Raccomando fortemente questo libro a seri praticanti che molto probabilmente potranno assimilarne i sottili significati per poi applicarli nella vita quotidiana. Allo stesso tempo vorrei però mettere in guardia contro una lettura strettamente accademica e intellettuale.

[estratto dalla recensione di Joe Manuse pubblicata nella rivista Buddhism Today, Vol 9 (2001)]

 

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