La meditazione del XVI Karmapa

Lama Ole Nydahl

Questa intervista è stata fatta da Stefan Watzlawek e Melanie Zaremba il 24 maggio 2006 a Houston in Texas ed è apparsa sul ventesimo numero della rivista Buddhism Today pubblicato nel 2007. Tratta della pratica principale insegnata nei centri del Buddhismo della Via di Diamante in tutto il mondo: la meditazione del Guru Yoga sul XVI Karmapa.

La meditazione sul XVI Karmapa è la pratica principale in tutti i nostri centri ed è la prima meditazione che le persone fanno quando li visitano per la prima volta. Puoi spiegarci il motivo? Cosa c’è di così speciale in questa meditazione?

È la meditazione indicata dallo stesso Karmapa per le persone che lo vedono come un buddha. Egli ha dato questa meditazione a me e Hannah fin dall’inizio, nel 1970, durante i nostri primi tre anni sull’Himalaya. Poi, durante i dodici anni che abbiamo passato con lui, la maggior parte delle volte in cui dovevamo partire ci consegnava due scuri e ruvidi pezzi di resistente carta bhutanese, che contenevano proprio questa meditazione, stampata a mano in chiare lettere tibetane. Spesso diceva che questa pratica sarebbe stata ottima per i nostri amici e che avrei dovuto insegnarla in modo che rimanesse sempre utile e adatta alle menti occidentali. Spesso ripeteva che la meditazione sul lama è la più diretta tra le vie. Dal 1972 non ho fatto altro che fondare centri della Via di Diamante per praticanti laici in tutto il mondo e, per esperienza, io e Hannah siamo assolutamente convinti che ovunque venga praticata questa meditazione, tutto andrà nel modo migliore. Le persone sono unite, lavorano insieme, tutto rimane fresco ed è percepibile la fiducia e il flusso della benedizione che aiutano le persone a maturare velocemente.

In Occidente ci sono diversi monasteri e gruppi che seguono lo stile tibetano. In questi gruppi le persone meditano quasi esclusivamente su forme di buddha di energia e luce, e svolgono invocazioni cantate in tibetano. Questo tipo di pratiche utilizzano la più raffinata scienza spirituale basata sul feedback generato su corpo, parola e mente dalla meditazine su forme, colori e vibrazioni illuminate. Tuttavia l’esperienza mostra che in tali ambienti non c’è collante. Le persone hanno molte più discussioni e c’è poco di quell’ambiente famigliare in grado di mantenere le cose unite. Grazie al grande dono del suo gioioso campo d’energia, il XVI Karmapa ha coscientemente riempito lo spazio con il proprio flusso mentale illuminato. Semplicemente questo metodo funziona perché la sua realizzazione era davvero grandiosa e possedeva gioia illimitata, sempre e ovunque.

Se poi diamo un’occhiata più da vicino alla struttura della meditazione si comprende che è più un’iniziazione istantanea del lama che non una meditazione su di lui. Per questo è così intensa.

Il XVI Karmapa Rangjung Rigpe Dorje

Quando e come è comparsa la meditazione sul XVI Karmapa?

È stata trasmessa dopo la fuga del XVI Karmapa dall’occupazione cinese nel 1959. A quell’epoca un lama proveniente dal Bir, nell’Himalaya Occidentale, gli chiese più volte di trasmetter un metodo breve, potente e pieno di significato per il nuovo mondo. E ha funzionato! Non c’è altra meditazione tibetana usata così tanto in Occidente.

È possibile raggiungere l’illuminazione solo facendo questa meditazione?

Posso citare su questo punto il grande Yogi Chen, un maestro altamente realizzato che rimase in ritiro nella propria casa a Kalimpong per 21 anni: “Se l’essenza maschile e femminile in un lama sono bilanciate, qualsiasi meditazione su di lui è equivalente al Maha Anuttara Yoga Tantra, il quarto e più alto livello di iniziazione”. Con le dovute condizioni, qualsiasi pratica in cui ci si identifica con l’insegnante può portare al livello più alto di realizzazione. E siccome non tutti i Karmapa erano monaci, spazio e gioia sono inseparabili nella sua trasmissione. Si chiama “de tong” in tibetano, ed è il cuore della nostra Via di Diamante e la mia pratica giornaliera. Dopo aver preso rifugio la mattina, identificarsi in questo modo è il modo migliore per accumulare energia e saggezza profonda durante l’intera giornata.

Quindi perché abbiamo ancora bisogno di pratiche come ad esempio il Ngöndro?

Perché ci rendono forti! E poi, se lo pratichiamo nel modo giusto, il Ngöndro ci può portare alla meta. In ogni caso la pratica del Ngöndro è concepita per essere usata come “preliminare”. Grazie a una più solida base ci si può fondere meglio con il lama e realizzare le sue qualità. Il Guru Yoga è comunque la pratica più importante per la nostra scuola, e questo divenne evidente già circa 950 anni fa, quando Marpa visitò Naropa in India per la seconda volta. In quell’occasione un’enorme e splendente forma del buddha Kye Dorje (sanscr. Hevajra, it. Oh Diamante) in unione con la propria consorte, Nairatmya (sanscr. Dagmema, it. Assenza di ego) si condensò vicino a Naropa, delle dimensioni di una casa. Era l’aspetto di buddha principale su cui si basava la pratica di Marpa. Naropa si mise a ridere quando Marpa manifestò di considerare quella forma di energia luminosa più importante del lama. Naropa quindi trasformò l’intera manifestazione in luce d’arcobaleno assorbendola nel cuore e poi disse: “nella nostra scuola, il lama è tutto”. Ed è così veramente. Chiunque sia capace di vedere una forma umana come perfetta è molto più vicino allo sperimentare il mondo come una terra pura rispetto a chi utilizza un’approccio più semplice nel quale si medita su forme di energia e luce. Ciò che conta realmente sono ciò che sentiamo più vicino e questo è ugualmente vero nelle nostre pratiche quotidiane e di lungo periodo.

Quali sono secondo te le maggiori differenze fra questa pratica e altri guru yoga, per esempio quello sull’VIII Karmapa?

Le maggiori differenze stanno nella sua applicazione. La benedizione del lignaggio e il riconoscimento della natura della mente rimangono le stesse ovunque, ma questa pratica è particolarmente semplice, pratica, veloce ed efficiente. Più di ogni altra cosa, io e Hannah abbiamo ricevuto, e portiamo con noi, l’energia del XVI Karmapa. Allo stesso tempo egli ci ha trasmesso anche la meditazione sulla sua ottava incarnazione da praticare una volta finite le pratiche fondamentali (tib. ngöndro). L’VIII Karmapa fu dato come il nostro yidam comune, sia a noi che ai nostri studenti, perché è una pratica che attiva una tale e inusuale vastità di input nel nostro subconscio.

In realtà tutte le invocazioni al lama sono ottime e tutte ci mostrano direttamente la mente, ma ognuna in un modo differente. Attraverso il secondo Karmapa si invoca un enorme campo di energia protettiva, il terzo Karmapa ci permette di aprire le nostre menti grazie ad auspici e saggezza, mentre il quindicesimo Karmapa ci introduce alla meditazione più alta sull’unione.

Ma per l’attuale stile di vita frammentato e il nostro modo di pensare sempre orientato al raggiungimento di una meta, la meditazione sul XVI Karmapa è quella per noi più indicata. La sua essenza è così vicina, l’energia è così intensa e la sua gioia così vasta e liberatrice vibra in tutti i centri della Via di Diamante ovunque. Proprio perché elimina tutte le tendenze rigide e burocratiche, è lui il boss.

Una volta che abbiamo finito il ngöndro e pratichiamo la meditazione sull’VIII Karmapa ha senso fare anche la pratica del XVI Karmapa?

Non è sempre possibile fare un pasto completo. A volte è più adatto un hot dog. La stessa cosa vale per le meditazioni. Anche quando ci si può godere l’VIII Karmapa come il proprio pasto principale, il XVI Karmapa è ottimo fra una sessione e quella successiva.

Quanto spesso dovremmo praticare la meditazione sul XVI Karmapa?

Non ci sono regole, solo consigli. Sarebbe da praticare abbastanza spesso tanto da sentirsi circondati dalla sua benedizione e spinti in avanti da un vento amico. Se si sperimenta tutto come interessante a la vita come fresca e piena di significato, vuol dire che la meditazione funziona. Questa pratica dell’identificarsi con il lama è un’iniezione costante e regolare di vitamine nella propria vita.

Dovremmo farla regolarmente tutti i giorni assieme al ngöndro?

Non è possibile praticare sempre il ngöndro. Alcune condizioni – sia interne che esterne – sono necessarie, così come lo è il tempo. Mentre meditare sul XVI Karmapa come inseparabile dal proprio lama è immediato e facile. Se si è di malumore o stanchi durante il giorno e si assorbono le tre luci, la forza di questi veli si dissolve. Inoltre non è necessario prendere rifugio ogni volta. Se si prende rifugio la mattina e il nostro desiderio che possa realizzarsi il meglio per tutti gli esseri senzienti rimane costante, si può semplicemente far comparire il lama in qualsiasi momento e utilizzare le luci e il mantra a proprio piacimento.

A volte affermi che possiamo utilizzare questa meditazione anche sul posto di lavoro durante una pausa. Ci puoi spiegare come? Dobbiamo prendere rifugio? Si fa la fase di completamento?

Includerei ogni volta la fase in cui si dissolve il lama in luce e ci si fonde con esso per poi diventare lo spazio senza tempo della consapevolezza, anche se dovesse essere possibile solo per un breve momento. È estremamente importante. Se si può meditare per un periodo di tempo più lungo, allora è utile seguire tutte le parti contenute nel testo.

È possibile fare qualcosa di sbagliato quando si medita sul XVI Karmapa?

In questo momento non mi viene in mente nulla verso cui mettervi in guardia. La meditazione è così ben definita che semplicemente seguendo il testo si passa automaticamente da un livello di benedizione a quello successivo. Direi che chiunque abbia tutte le rotelle a posto ed è in grado di leggere, difficilmente potrà fare qualcosa di sbagliato.

Ci sono persone a cui consiglieresti di non fare la meditazione sul XVI Karmapa?

Solo in quei casi in cui non ne gradiscono la sensazione. Ci sono persone, spesso dominate dall’invidia, dall’orgoglio o dalla rabbia, per le quali questo tipo di legame con il lama è troppo intenso. Semplicemente non ne amano la vicinanza. In questo caso si consiglia loro di fare invece la meditazione di shine-lhaktong (sanscr. shamatha-vipassana), l’approccio più neutro in cui si combina la meditazione pacificatrice con la fase di visione interiore. Se non si è capaci di sviluppare fiducia nella realizzazione di un altro essere umano, se non si trae gioia da ciò, esistono altri metodi di meditazione validi anche se meno completi del guru yoga. Non c’è nulla di più efficace dell’identificarsi totalmente con il corpo, la parola e la mente di un buddha.

Cosa dobbiamo visualizzare mentre ripetiamo il mantra? Le luci splendono ancora in noi in questa fase?

Per alcune persone sarà naturale farlo, e va bene. Nel testo attuale della meditazione guidata l’inserimento dell’indicazione di una pausa prima del mantra  è dovuto al fatto che alcuni praticanti iniziavano a recitare il mantra prima di aver ricevuto le tre luci contemporaneamente. È accaduto anche a me, per questo motivo me ne sono reso conto, e anche Shamar Rinpoche ci ha messo in guardia rispetto a questa tendenza. Le tre luci simultanee portano la trasmissione senza tempo del Grande Sigillo. Per questo motivo abbiamo inserito l’indicazione di una pausa nel testo. In questo modo speriamo che, dopo esserci crogiolati nella luce blu, non si salti la fase in cui si ricevono le tre luci contemporaneamente prima della fase del mantra.

Nella fase di completamento tutto scompare, ma se manteniamo aperti i nostri occhi il mondo esterno è ancora presente. In che modo possiamo comprendere questa fase della meditazione?

Non è assolutamente un problema. Ciò che disturba non è il fluire delle esperienze sensoriali, ma l’abitudine a giudicare le cose. È solo questo attaccamento che ostacola la meditazione, e quando comprendiamo ciò la nostra tendenza a giudicare e ad attaccarci ai fenomeni si dissolverà gradualmente. Durante la fase di completamento ovviamente si continua a percepire anche i movimenti del proprio corpo, la qualità del cuscino in cui siediamo, il proprio respiro e molti altri stimoli. Queste sensazioni possono andare e venire, ma non dovrebbero distrarci. Non si dovrebbe dare loro alcuna importanza durante la meditazione. Spesso paragono questa situazione al guardare la CNN o la BBC. Si rimane sulle immagini della notizia principale, che è ciò che sta accadendo, mentre sotto scorre la barra delle notizie secondarie. Questa striscia, che contiene innumerevoli informazioni, non ci disturba e può al contrario essere utile. Dico questo soprattutto per le praticanti donne, perché sono generalmente più assillate dai pensieri. Per il loro beneficio, spero di aver trovato un esempio che possa essere usato come un antidoto facile da ricordare: si medita come quando ci gadiamo un momento di relax dopo una piena giornata lavorativa. Rimanendo rilassati si sentono i bambini che giocano in sottofondo e si balza in azione solo se si sente che stanno per infilare la sorellina nel tritacarne!

Quando le tre luci splendono contemporaneamente sperimentiamo il Grande Sigillo e rimaniamo nello “stato del Karmapa”. Nella fase di completamento della meditazione del XVI Karmapa c’è solo “consapevolezza, senza centro o limite”. Ci sono differenze? Non sono entrambe fasi del Grande Sigillo?

Sì, lo sono. Ma il Grande Sigillo è composto da una base (la nostra natura di buddha), da una via (i nostri metodi non dualistici) e da una meta (l’illuminazione). Qui distinguiamo una Mahamudra dell’aspirazione con forma e uno stato “realizzato” di consapevolezza al di là della forma. Il Grande Sigillo è senza limitazioni. La sua base è lo spazio, la natura di buddha di tutti gli esseri senzienti, la mente innata e la consapevolezza senza limiti. La via è il risveglio della devozione e l’utilizzo delle energie consapevoli contenute in corpo, parola e mente. E la sua meta è lo spazio-consapevolezza senza tempo – senza paura, gioiosa e compassionevole. Sperimentatore, oggetto sperimentato e esperienza qui diventano una cosa sola, e qualsiasi cosa accada o non accada è libero gioco dello spazio. Assorbendo le luci contemporaneamente ci si apre allo stato più alto di non dualismo.

Per favore, spiegaci tutte le fasi della meditazione.

In generale, l’inizio e la sequenza delle meditazioni buddiste è la stessa. Si osserva il proprio respiro e si richiamano alla mente i quattro pensieri fondamentali che riguardano il prezioso corpo umano, l’impermanenza, la causalità e le ragioni per raggiungere la perfezione. Ci si focalizza sui quattro pensieri fino a quando si comprende che ci riguardano direttamente.

Prima che questa realizzazione diventi zeppa di idee, si prende rifugio con gratitudine, si rivolge la mente verso l’illuminazione per il beneficio di tutti gli esseri e si passa poi alla fase di creazione. In questa meditazione significa lasciare che l’insegnante in cui si ha piena fiducia appaia inseparabile dal XVI Karmapa e dal lignaggio kagyu – con un aspetto tanto “tibetano” quanto si desidera (cioè lasciando apparire gli eventuali aspetti culturali che desideriamo intorno a lui). Deve comunque sempre essere presente la Corona Nera. La sua forma apre l’inconscio degli esseri e fa sì che siano possibili veloci cambiamenti nel proprio carattere. Questa è la fase di creazione.

Segue poi la fase di iniziazione al corpo, alla parola e alla mente del lama. Vengono conferiti tramite le tre luci in sequenza, fino all’iniziazione suprema del Grande Sigillo che avviene con le tre luci contemporaneamente. La capacità della mente diviene più acuta grazie alla ripetizione delle sillabe e del mantra. Poi si dissolve il lama in luce, lo si fonde con l’esperienza del proprio corpo, e, a seconda del diverso livello di abilità, tutto quanto, a livello interno ed esterno, si dissolve e ritorna nello spazio. Ora rimane solo consapevolezza radiosa. Da questo stato di consapevolezza si riconosce la non separazione di spazio e manifestazioni e la mente diventa senza limiti. Prima che la menti ritorni non chiara o le abitudini ritornino predominanti si lascia apparire un mondo puro. Tutto ora è fresco ed emozionante e il potenziale della mente mostra la sua ricchezza in tutto ciò che accade, internamente ed esternamente. Tutti gli esseri senzienti hanno la natura di buddha e, anche se tutto è vero a livello assoluto solo per il fatto di accadere – a livello relativo si è liberi di creare le circostanze che desideriamo. Questa libertà persuade il praticante della propria natura e del proprio potenziale di buddha. Ed è ciò che sempre distingue la Via di Diamante: il praticante non lascia mai la terra pura; al contrario, a seconda delle proprie capacità, rafforza la purezza della propria esperienza nell’attività di tutti i giorni fino a quando potrà nuovamente rafforzarla in pieno nella meditazione successiva.

L’apertura dello studente verso il testo della meditazione è cambiata in modo notevole negli ultimi 35 anni. Inizialmente tutto ciò che era tibetano era considerato magico e importante — per esempio l’oro sulla corona e tutti i dettagli a riguardo. In realtà solo la forma nera pentagonale della corona rappresenta i capelli delle diecimila forme femminili illuminate (tib. dakini o khandro). Veniva data grande importanza agli ornamenti donati dal devoto imperatore cinese seicento anni fa e benedetti poi dai Karmapa, così come ai ricchi dettagli mondani accumulati nel tempo.

In seguito le tre luci sono diventate importanti in modo indipendente. In realtà, nella versione originale, esse venivano assorbite solo contemporaneamente. È stato su richiesta mia e di Hannah che ora vengano assorbite una alla volta.

Successivamente il significato del mantra divenne di maggiore importanza, e questa tendenza verso la fase più importante alla fine della meditazione è continuato fino a oggi: attualmente la maggior fonte di ispirazione per i praticanti è la fase in cui appare la possibilità di un’azione illuminata, dopo la fase di dissolvimento.

L’estendere la visione pura nelle vita di tutti i giorni è un impegno senza limiti e di grande ispirazione. Sulla base di questa visione lavorare per gli altri ha un senso. Le persone sono infatti essenzialmente dei buddha che ancora non  sanno di esserlo. E, se si osserva attentamente, tutto accade all’interno di un contesto pieno di significato. Penso che tornare nel mondo con l’energia della meditazione con l’auspicio di migliorarlo sia ciò che ispira maggiormente le persone al giono d’oggi.

È anche possibile però che — una volta che il XVII Karmapa Thaye Dorjie sarà tornato in possesso della propria corona e questa non sia stata nel frattempo danneggiata, cosa che speriamo tutti noi — le fasi iniziali della meditazione riacquistino la loro importanza. Il XVI Karmapa raramente mostrò la corona in pubblico dopo il 1980 e dopo un anno morì.

Cosa significa “dimorare all’interno del mantra”?

Le nostre lingue non sono state concepite per avere a che fare con concetti non dualistici, comunque il significato è di lasciare che la mente dimori all’interno del suono stesso, cioè nell’esperienza di suono e vacuità, vibrazione e spazio come inseparabili. Dopo aver sperimentato l’influenza al di là del livello personale delle vibrazioni all’interno dei propri canali e delle ruote di energia, si dimora nella vibrazione, che non ha un centro o limite ed è in essenza senza tempo e senza limiti.
Generalmente  è conosciuto soprattutto il mantra Om Mani Peme Hung, che con le sue sei sillabe rimuove le sei emozioni disturbanti di orgoglio, gelosia, attaccamento, ignoranza, avidità e rabbia, o le cento sillabe dell’invocazione a Mente di Diamante, che richiamano lo stesso numero di famiglie di buddha. Se più persone recitano un mantra insieme tutto comincia a vibrare e ronzare, e coloro che cercano nella meditazione un angolo di calma interiore qui lo possono trovare. Contemporaneamente nel subconscio vengono premuti al tempo stesso i più utili tra i pulsanti che lavorano ad un livello al di là del personale.

Prevedi che praticheremo ancora la meditazione sul XVI Karmapa anche nei prossimi cinquant’anni o utilizzeremo qualcosa di diverso?

Assolutamente sì, ma probabilmente faremo anche altre meditazioni ‘istantaneÈ, come fondere con noi il proprio buddha preferito o il lama dall’alto, lasciando dimorare la mente in questo stato. Non so con cosa ci benedirà il XVII Karmapa. In più occasioni gli ho fatto presente che molti vorrebbero che lui trasmettese una sua meditazione. Mi ha sempre guardato un po’ sorpreso, come se non fosse necessario, chiedendomi “ma deve essere proprio ora?”. Dicendogli poi che non era nulla di urgente, sembrava più rilassato. Tutti i Karmapa sono lo stesso flusso di energia e le differenti incarnazioni scelgono di lavorare in modi diversi.

C’è altro che vorresti aggiungere su questo argomento?

Vorrei, ancora una volta, sottolineare la grande opportunità che abbiamo grazie alle nostre pratiche del guru yoga. Abbiamo accesso ad una grande ricchezza grazie alla possibilità di avere una connessione diretta con la nostra natura di buddha garzie alla benedizione di una trasmissione ininterrotta. E vorrei rassicurare tutti coloro che hanno una conoscenza non così diretta del Karmapa dicendo loro che nonostante “Karmapa” sia il titolo che indica la prima linea di reincarnati del Tibet, il flusso di energia del lignaggio include chiunque ne condivida il lavoro e porti la benedizione dei buddha nel mondo. Anche coloro che non hanno mai incontrato un Karmapa o che rimangono confusi da alcuni aspetti esotici della cultura buddhista sono inclusi in pieno grazie al loro desiderio di essere di beneficio agli altri.

Hai consigli da dare ai praticanti della Via di Diamante per quanto riguarda la loro vita di tutti i giorni?

Innanzi tutto di mantenere una visione pura. Di cercare di vedere tutti e tutte le cose al più alto livello possibile. Di meditare ogni volta sia possibile, anche se solo per pochi minuti. Di utilizzare i mantra quando non si è impegnati nello studio o altre attività in cui sia necessaria una concentrazione mentale, e di godere in modo consapevole della loro benedizione e del loro aspetto di protezione.

Cercate di vedere tutto ciò che è piacevole come una benedizione e come qualcosa di positivo da condividere con gli altri, e di vedere tutto ciò che è negativo come esperienza di vita, come una purificazione e un insegnamento che potrà essere di aiuto a altri in futuro.

Non giudicate le vostre meditazioni e godetevi lo spazio consapevole presente dietro e fra un’esperienza e l’altra. È la vostra natura di buddha e la fonte della più alta gioia senza tempo.

Durante la ripetizione delle prosternazioni e dei mantra sono permesse delle distrazioni, ma sarebbero da evitare durante la fase di completamento — in cui ci dissolviamo con il buddha, il lama — o quando si medita direttamente sulla natura della mente. E ancora: memorie, pensieri e sensazioni possono apparire ma non dovrebbero fare presa sulla nostra mente. In questo caso lasciate che il ladro entri in una casa vuota. Rimanete consapevoli e non lasciate che trovi nulla! Auguro a voi tutto il meglio e godetevi le nostre ricche qualità.

[Buddhism Today n. 20, 2007]

Print Friendly

I commenti sono chiusi.